Mailing List

Iscriviti alla nostra mailing list per ricevere una copia del "Lunario" ed essere aggiornato sulle nostre iniziative parrocchiali.

NEWS

Servizio Informazione Religiosa

Login

 

Enciclica "Fratelli Tutti"

VT IT ART 41673 enciclica laudato si

Lettera Apostolica

gzpZOUGNwv4a s4 m

LA NOSTRA PAGINA FACEBOOK

Filtro
  • incontri in cortile 2021

  • «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo…» Lc 9,58

    30062019In un’epoca in cui la definitività delle scelte di vita sembra fare tanta paura, la parola di Dio che risuona nella liturgia assume il valore di una forte provocazione.

    Gesù chiama a seguirlo in maniera radicale, non tollerando condizioni o ritardi, rivendicando piuttosto un primato che fino ad allora nessuno aveva mai osato pretendere, nemmeno un profeta grande e carismatico come Elia (prima lettura).

    L’esigenza radicale del vangelo non deve però spaventare.

    San Paolo nella seconda lettura ricorda infatti che se il discepolo cammina secondo lo Spirito del Risorto, allora sarà veramente in grado di vivere secondo la logica evangelica. Cosa significhi camminare secondo lo Spirito è presto detto: si tratta di vivere nell’amore di Dio e del prossimo, rinunciando a qualsiasi impulso egoistico che impedisce un esercizio sereno e autentico della libertà e della carità. Certamente tale atteggiamento richiede una buona dose di coraggio e di abnegazione, indispensabili per combattere l’egoismo esasperato ed esasperante che dilaga nel mondo contemporaneo, ostacolando il cammino di coloro che desiderano essere discepoli di Gesù.

    {jcomments off}

  • SS. Corpo e Sangue di Cristo

    23062019La costituzione apostolica Gaudium et spes del concilio Vaticano II parla così dell’Eucaristia: «Il Signore ha lasciato ai suoi un pegno di speranza e un viatico per il cammino nel sacramento della fede in cui elementi naturali, coltivati dall’uomo, vengono trasformati nel corpo e nel sangue glorioso di lui, in un banchetto di comunione fraterna che è pregustazione del convito del cielo» (GS 38). Il concilio parla dell’Eucaristia come del viatico, necessario a sostenere il cammino dei fedeli fino all’incontro con il Signore Gesù, infondendo nei loro cuori la speranza e la fiducia necessarie per non venir meno nei momenti più difficili.

    Tale insegnamento trova un fondamento evidente nel racconto evangelico della moltiplicazione dei pani: prefigurando i gesti propri dell’ultima cena e della celebrazione eucaristica, il Maestro nutre una folla immensa in un luogo deserto e coinvolge in questo sublime atto di carità i suoi discepoli, anticipando così la missione della Chiesa nel mondo.

    Come ricorda il Concilio, l’Eucaristia è anche pegno di speranza, cosicché i credenti, nutrendosi di essa, possono fin da ora pregustare i beni del convito celeste nell’attesa del ritorno glorioso di Cristo, come sottolinea bene l’apostolo Paolo nella seconda lettura: «Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete a questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga».

    {jcomments off}

  • Solennità della SS. Trinità

    16062019Celebrare la solennità della Santissima Trinità significa riconoscere che l’essenza di Dio è sostanzialmente amore e comunione. Fin dal principio della rivelazione biblica, infatti, Dio si rivela come desideroso di relazione, sia nei confronti del creato sia, soprattutto, nei confronti dell’uomo, plasmato a sua immagine e somiglianza. L’uomo può così partecipare alla pienezza della vita divina, soprattutto in virtù del dono dello Spirito Santo, per mezzo del quale, come ricorda san Paolo, l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori (seconda lettura).

    Gesù stesso attesta che lo Spirito Santo porterà a compimento l’opera di salvezza da lui inaugurata, consentendo ai discepoli di pervenire alla verità tutta intera, che per il vangelo è sinonimo di comunione di vita e di grazia. Anche noi, dunque, in virtù del dono dello Spirito ricevuto nel battesimo e nella cresima, veniamo misteriosamente coinvolti nell’amore trinitario, che alimenta la speranza, nutre la fede e rafforza la carità.

    {jcomments off}

  • Gesù disse Ai suoi discepoli: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perchè rimanga con voi per sempre» Gv 14,16

    09062019Donando il suo Spirito, Dio consegna al creato e all’umanità intera il suo respiro vitale, chiama le cose all’esistenza: prive dello spirito divino le cose terrene tornano ad essere polvere, ossia prive di consistenza. La risurrezione di Gesù è rinnovata promessa di vita eterna per tutto il creato: a partire dalla Pasqua lo Spirito di Dio dimora presso coloro che lo accolgono, entra in loro, sarà con loro per sempre. La Pentecoste celebra questo dono dello Spirito, che continua ad animare e a guidare la vita dei credenti e della Chiesa intera.

    Nel vangelo di Giovanni il dono dello Spirito viene legato all’osservanza della parola di Gesù: questa è la condizione per ricevere il Paraclito, colui che dimora presso di noi per guidarci e prendere le nostre difese. Egli consentirà ai discepoli di penetrare il senso profondo delle parole e del mistero di Gesù.

    Nella prima lettura l’evento della Pentecoste, ossia il dono dello Spirito, determina il dinamismo profondo che anima la testimonianza ecclesiale e avvia le numerose successive effusioni dello Spirito sui credenti. Così, la seconda lettura può assicurarci il frutto dello Spirito: farci figli nel Figlio. Chi è unito a Cristo per mezzo dello Spirito è partecipe di quella medesima vita che ha risuscitato Gesù dai morti.

    {jcomments off}

  • Gesù disse Ai suoi discepoli: «Ecco io mando su di voi colui che il padre mi ha promesso» Lc 24,49

    02062019Gesù parla ai discepoli di un suo andare al Padre. Egli va per aprire la via, va a preparare un posto ai discepoli nella casa del Padre. Il Padre è il termine ultimo della sua missione. Al tempo stesso assicura ai discepoli una sua presenza costante accanto a loro e il dono del Paraclito. In questa reciproca immanenza viene superata ogni distanza tra Dio e gli uomini. Il tempo della Chiesa è il tempo dello Spirito, che insegna a ricordare: una memoria essenziale per vivere la presenza di Dio e non costringerlo ad una assenza, il grande rischio del nostro tempo.

    Il vangelo ci affida la promessa dello Spirito: l’ascolto della parola di Gesù è condizione per accogliere la presenza del Padre e del Figlio nella nostra storia, ma per ascoltare e comprendere questa parola occorre l’azione in noi dello Spirito.
    In questo orizzonte ci pone anche la prima lettura, che narra di un conflitto vissuto nella Chiesa delle origini: veniamo così invitati a non temere i conflitti, ma ad affrontarli lasciandoci guidare dallo Spirito.

    La seconda lettura ci offre una immagine della città celeste, nella quale può rispecchiarsi la città terrena, comunità peccatrice e in cammino. La Chiesa potrà risplendere, come la città santa celeste, della ‘gloria’ di Dio se sarà capace di testimoniare nel mondo la novità della risurrezione.

    {jcomments off}

  • Prese la mano della bambina e le disse «alzati...» Mc 5,41

    01072018L’istintiva paura delle “tenebre” richiama la nostra mortalità, la precarietà e la fragilità di un’esistenza che sperimenta il limite.
    Di fronte a questo dato molti provano smarrimento e angoscia.
    Dove trovare il coraggio di vivere? Chi ci aiuta a vivere? La fede cristiana giudica ogni realtà, dunque anche il percorso di vita, alla luce di una promessa che noi sentiamo annunciata nella risurrezione di Gesù: Dio non ha creato la mor te, poiché egli ama la sua creazione. L’amore vero, ogni amore vero, vuole eternità. Questa visione di fede non è una risposta semplicemente consolatoria, ma genera una speranza, la quale è virtù, ossia forza che orienta a una visione ottimistica di tutto il nostro cammino terreno. Al centro del vangelo odierno stanno due situazioni umane: un capo di sinagoga implora Gesù per la figlia che sta per morire; una donna sofferente tenta in ogni modo di toccare il mantello di Gesù, convinta che l’incontro con lui la possa guarire dal suo male.
    A partire da queste situazioni Gesù offre il suo messaggio di salvezza. La certezza di fede secondo la quale Dio ha creato l’uomo per la vita è il messaggio anche della prima lettura: la relazione personale con Dio è per il credente l’antidoto contro la morte. Per questo la vita va vissuta sotto lo sguardo di Dio, per essere riempita di luce anche nelle
    sofferenze. Analoga visione positiva della vita offre pure la seconda lettura: rivolgendosi ai cristiani di Corinto, Paolo li
    esorta a non vivere ripiegati su se stessi, ma ad aprirsi alla generosità, nell’orizzonte di una speranza resa forte dalla grazia di Dio.-».

    {jcomments off}

  • Il padre chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome» (Lc 1,63)

    24062018Giovanni Battista fa risuonare sulle rive del Giordano la “voce” che invita alla conversione del cuore: egli è portatore della parola di Dio e testimone della sua presenza creatrice di un mondo nuovo.
    Così egli prepara la strada a Gesù. Egli è profeta, come Gesù dirà: il più grande dei profeti d’Israele. Egli “immerge” nelle acque del Giordano, simbolo di un cammino di purificazione, ma il suo vero scopo è portare a Gesù: il suo stesso nome richiama la sua missione: Giovanni, che significa “Dio fa grazia”! Nel vangelo il racconto della nascita straordinaria di Giovanni, il Battista, prepara all’annuncio di un’altra nascita, quella di Gesù. La speranza della madre Elisabetta può diventare la speranza di ogni credente: che Dio sia presente e guidi anche la nostra vita. Allora potremo provare quella gioia ed esultanza che la nascita del Battista portò nella sua famiglia. Dio rimane fedele alla sua promessa: questo è il centro della prima lettura, che anticipa in qualche modo il tema del vangelo. La lettura si fa interprete anche della risposta accogliente: «Il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Il messaggio della celebrazione è ripreso anche dalla seconda lettura, in cui Paolo così riassume la predicazione di Giovanni Battista: «Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali».

    {jcomments off}

  • «…di notte o di giorno, il germe germoglia e cresce» Mc 4,27

    17062018È questa la prospettiva da cui porci per comprendere la parabola oggi proposta dal vangelo: Gesù vuol dare con essa una risposta alle aspettative della gente del suo tempo e anche del nostro, ossia all’attesa, al desiderio, alla speranza di un mondo più umano. Solo che, a differenza delle nostre pretese di autosufficienza, per Gesù il “mondo migliore” potrà essere solo opera di Dio: egli lo chiama, infatti, il “regno di Dio”, non un ambito di dominio sul modello dei regni umani, ma una realtà in cui è la presenza di Dio e la sua volontà ad essere criterio delle condotte umane. È Dio che può far crescere l’umanità, lui è la sorgente della vera umanizzazione.
    Per il vangelo la crescita del piccolo seme gettato nel terreno richiede da parte nostra l’atteggiamento della pazienza: noi siamo chiamati a collaborare alla realizzazione del regno di Dio, ma non ne siamo i padroni. L’opera silenziosa di Dio nella storia può solo suscitare in noi lo stupore, a cui possiamo rispondere con la nostra disponibilità ad accoglierlo. In un modo analogo parla la profezia della prima lettura: un ramoscello è preso dalla cima di un cedro per essere piantato su un monte alto. L’immagine allude al popolo che Dio si è scelto perché faccia conoscere il suo nome a tutti i popoli della terra. Questo richiede la risposta della fede. Camminare nella fede è il compito affidato dalla seconda lettura. Viviamo ora come in esilio, lontani dalla patria, e solo la fede può sostenere il nostro viaggio terreno. La fede cristiana non suggerisce però un quietismo indifferente, bensì una conversione interiore, un cambiamento di mentalità.

    {jcomments off}

  • CHI FA LA VOLONTà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre» (Mc 3,35)

    10062018La storia umana appare spesso ai credenti come una continua lotta tra il bene e il male. E tuttavia non possiamo fare nostra una visione manichea della vita, secondo la quale i buoni sono tutti da una parte e i cattivi tutti dall’altra.
    Bene e male si mescolano piuttosto in continuazione, creando una zona grigia dove il compito principale dei credenti diventa quello del discernimento e, di conseguenza, di un combattimento spirituale per far prevalere il bene. La lotta contro le forze del male chiede spesso fatica e sacrifici, ma la fede ci assicura che Dio non farà mancare la sua grazia. In tale lotta ci è da guida l’esempio di Gesù.
    Nel vangelo siamo oggi posti di fronte alla richiesta di riconoscere Gesù: chi è costui? Donde vengono i poteri che egli manifesta? Egli si rivela anche a noi come “il più forte” nella lotta contro la potenza del male. Non riconoscerlo significa escluderci dalla salvezza, mentre riconoscerlo, conformando la vita alla sua parola e al suo esempio, significa fare la volontà del Padre e formare la sua famiglia.
    La scena antica della tentazione da parte del male, riproposta nella prima lettura, ci rende consapevoli del fatto che la vita comporta un continuo confronto con la sua forza seduttiva, ma ci richiama anche al criterio di orientamento che ci deve guidare: l’amore di Dio che chiede fedeltà.
    Nella seconda lettura ci è proposto l’esempio di Cristo come modello per non scoraggiarci, ma per rinnovare di giorno in giorno la nostro vita interiore.

    {jcomments off}

  • Prese il pane e recitò la benedizione… (Mc 14,22)

    03062018La liturgia invita a riflettere sul significato del dono che Gesù fa di sé alla sua comunità: corpo e sangue richiamano il dono della sua vita, consumata fino alla fine «per noi e per la nostra salvezza». Nel linguaggio della Bibbia questo mistero rappresenta il grande progetto che Dio va costruendo nella storia degli uomini e che prende il nome di “alleanza”: un patto che Dio ha voluto e continua a volere con l’umanità e, attraverso di essa, con tutta la “creazione”, affinché diventi «un solo corpo» mediante l’amore. L’eucaristia è il “memoriale” di questo eterno progetto divino, che trova realizzazione attraverso Gesù.
    Il vangelo collega il dono che Gesù fa di sé all’alleanza che Dio vuole costruire con tutta l’umanità. Il vangelo parla dunque di relazione, di comunione tra persone, e di vita che viene così messa in circolo. Il suo gesto dello spezzare il pane e dell’offrire il calice del vino diventa interpretazione anticipata della sua morte e del significato di tutta la sua vita.
    La memoria del rito che conclude l’alleanza che Dio offre al suo popolo, nella prima lettura, è figura dell’eucaristia cristiana: l’aspersione del popolo con il sangue della vittima offerta in sacrificio esprime simbolicamente il fatto che Dio rende la vita a coloro che gliela offrono. In questo stesso senso la seconda lettura chiarisce il rapporto tra fede cristiana e la tradizione biblica che precede: i sacrifici antichi sono ora sostituiti dal dono che Gesù ha fatto di sé. Egli dunque è anche l’unico sacerdote.

    {jcomments off}

  • «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito…» Gv 3,16

    11062017Comunione è Dio stesso come si rivela e si comunica all’uomo, è il suo progetto sull’uomo e sull’intero creato, è il frutto dell’alleanza data come dono e guida.
    Questo processo di rivelazione e di autocomunicazione trova il vertice nella persona di Gesù Cristo: egli si manifesta come il Figlio amato, che mostra all’uomo il volto del Padre e guida e illumina la comunità umana attraverso il suo Spirito. Per il credente “cristiano”celebrare la festa della Trinità significa proclamare l’amore di Dio anche come anima, modello e forza trasformante delle relazioni umane.
    La liturgia, nelle letture oggi proclamate, ci conduce in un percorso attraverso l’agire salvifico di Dio. Nella prima lettura siamo come portati con Mosè sul monte, per accogliere la proclamazione del nome del Signore: Dio misericordioso e ricco di bontà. Il vangelo ci manifesta in Gesù la gloria che Mosè aveva desiderato vedere: Dio si mostra come l’Amore che ci dona il Figlio, la sua Parola fatta carne umana. Nella seconda lettura Paolo esorta la comunità a costruire nella storia umana rapporti capaci di testimoniare il mistero d’amore di cui siamo stati resi partecipi.

    {jcomments off}

  • Gesù soffiò e disse: «Ricevete lo Spirito Santo» Gv 20,22

    04062017Il dono dello Spirito è considerato da Luca l’evento fondatore della chiesa cristiana: lo Spirito donato è l’origine della fede. La narrazione dell’evento di Pentecoste da parte di Luca rimanda infatti al dono dell’alleanza, con cui Dio ha dato origine ad un popolo, con il quale si è vincolato per un disegno di comunione destinato a tutta l’umanità.
    La “nuova alleanza” in Gesù, dunque, continua il progetto legato alla prima alleanza, assicura una presenza capace di trasformare il cuore degli esseri umani, chiama continuamente ad una conversione della vita perché il mondo diventi una casa accogliente, dove tutti si comprendano al di là delle differenze e dei limiti che contrassegnano la storia umana. Il vangelo annuncia questo dono dello Spirito di Dio e invita ad accoglierlo: «Ricevete lo Spirito Santo…». Portatore del dono è ora il Risorto: la sera stessa del giorno di Pasqua egli torna a dare fiducia ai suoi discepoli, e li esorta a rimettersi in cammino. Un cammino che la prima lettura descrive come segnato fin dall’inizio da “lingue di fuoco”, simbolo della presenza divina volta a realizzare un’unità tra gli uomini, un’unità che può essere costruita però solo con la loro collaborazione. Un’unità che per la seconda lettura ha il suo fondamento proprio nell’unicità dello Spirito che è stato donato.

    {jcomments off}

  • Gesù domandò ai discepoli: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Lc 9,20)

    19062016La vita cristiana è un cammino tra molte difficoltà, ma non siamo soli in questa avventura. Gesù Cristo è garanzia di una fedeltà all’uomo e di un sostegno divino che non verranno mai meno. Gesù ci salva per quello che egli stesso è: Emmanuele, ossia Dio con noi, riconciliazione di Dio con l’umanità. Dunque, se si basa su tale fondamento sicuro la nostra
    vita avrà solidità. La missione di Gesù, infatti, non è altro che dare compimento alla volontà di salvezza da parte di Dio, e in questo egli diventa per noi «via, verità e vita». In un mondo dominato dal peccato e dalla violenza egli rappresenta la prospettiva della risurrezione dell’uomo alla vita eterna: attingere a questa sorgente di vita è ciò che ci dà forza anche nella sofferenza.
    Al centro del vangelo di oggi sta la domanda sulla identità di Gesù. Egli provoca i discepoli, e con essi i credenti di ogni tempo, a dire che cosa pensano di lui e della sua missione. Pietro, a nome anche degli altri, lo riconosce come «l’inviato di Dio»: non però un messia che eserciti un potere terreno, come era nelle attese allora correnti, ma come rivelatore dell’amore di Dio. Quale sarà, dunque, la modalità in cui egli esprimerà questo amore divino?
    L’immagine del “trafitto”, nella prima lettura, è una figura eloquente che ci richiama alla croce di Gesù. La croce, però, è ora per noi il segno della profonda trasformazione che Dio opera nei cuori di chi accoglie Gesù come il Cristo. Ai cristiani, infatti, la seconda lettura ricorda che lui soltanto crea unità in noi e tra di noi, lui soltanto è via alla piena salvezza.

    {jcomments off}

  • Una donna peccatrice, cominciò a bagnare i piedi di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli (Lc 7,38)

    12062016La domanda che la liturgia pone oggi alla coscienza di ogni cristiano è questa: chi è per te Gesù? Forse soltanto un maestro di etica umana, alla pari di molti altri, o piuttosto il “regno di Dio” in persona, dentro la storia di ognuno?
    Così come indica la Parola oggi proclamata, potremmo dire che in lui appare a noi il vero volto di Dio, la misericordia fatta carne. È il vangelo di Luca a orientarci in questa direzione: nel racconto della peccatrice salvata dalla sua fede, riconciliata con se stessa e con Dio, noi tutti possiamo rivederci.
    In Gesù, dunque, il nostro futuro è già presente: non abbiamo davanti la prospettiva di un fallimento della nostra vita, ma quella di una pienezza di senso.
    Perciò a tutti noi viene anche affidato il compito di testimoniare questo volto di bontà e di perdono: nessuno può restare indifferente dopo aver udito il messaggio oggi proclamato.
    È proprio il vangelo a rivelarci la vera realtà di Gesù. Egli non solo annuncia la misericordia di Dio, come avevano fatto i profeti, ma si mostra a noi come la misericordia di Dio fatta carne. Alla donna, che tutti identificavano come una peccatrice, egli dichiara: Ti sono perdonati i tuoi peccati.
    E anche: La tua fede ti ha salvata. La salvezza, però, non è un automatismo: alla donna è stato perdonato perché «ha molto amato». In modo simile la prima lettura narra del peccato e del pentimento di Davide: è la disponibilità alla parola di Dio che apre il cuore dell’uomo e crea la condizione interiore per accogliere la misericordia di Dio. L’obbedienza alla Parola appare, nella seconda lettura, come fede che giustifica l’uomo e apre la porta della salvezza. Essa infatti è abbandono fiducioso all’amore di Dio nei nostri confronti.

    {jcomments off}

  • Gesù si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono.... (Lc 7,14)

    05062016Gesù è riconosciuto come “signore” e “salvatore”. Da quale esperienza ha origine questo riconoscimento nella prassi dei cristiani di tutti i tempi? La risposta è quasi scontata: Gesù viene riconosciuto tale in forza della sua risuscitazione ad opera di Dio. È infatti nella sua risurrezione che egli è stato rivelato come “uguale a Dio” e dunque come nostro “salvatore”.
    Nella morte e risurrezione di Gesù giunge a compimento la sua “incarnazione”: il Figlio, divenuto pienamente uomo, viene ora rivelato nella sua gloria, e proprio come tale apre all’umanità la prospettiva della salvezza.
    Credere nel Risorto significa allora prendere sul serio, anche per la vita presente, la liberazione dal peccato e dalla morte, che egli ha portato all’umanità.
    Il racconto evangelico che la liturgia di oggi proclama ci orienta a camminare in questa fede.
    Per il vangelo di Luca la risurrezione del figlio della vedova di Nain è un segno della presenza messianica di Gesù: Tuo figlio vive! dice Gesù alla vedova nella sua afflizione. E Luca annota il motivo del suo agire: «Il Signore ne ebbe compassione».
    Per questa ragione Luca articola narrativamente il racconto del “miracolo” in parallelo con il racconto della prima lettura, che riguarda Elia e il richiamo alla vita di un altro figlio di donna vedova. In entrambi i casi è evidente il messaggio: Dio agisce nella storia per creare vita, e la
    vita in Dio è il presente e il futuro di ogni essere umano. Il vangelo, dunque, apre alla vita terrena un orizzonte di speranza oltre ogni limite. Tale passaggio dell’uomo in Dio coinvolge tutta la sua storia umana: nella prospettiva credente, essa non è in balìa di un caso anonimo, ma è posta sotto lo sguardo misericordioso di un Padre.
    Questo è anche il vangelo di Paolo, riproposto oggi dalla seconda lettura: egli annuncia ciò che ha “veduto” e vissuto in prima persona. L’esperienza dell’incontro con il Risorto è alla radice della sua vocazione e della sua missione.

    {jcomments off}

Calendario degli Eventi

Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30

Agenda Eventi

Non ci sono eventi per i prossimi giorni

Visitatori

331300
OggiOggi35
IeriIeri94
Questa SettimanaQuesta Settimana224
Questo MeseQuesto Mese2186
Totale VisiteTotale Visite3313005

Abbiamo 268 visitatori e nessun utente online

Parrocchia San Ferdinando Re (Chiesa Matrice) - Via della Speranza, 2 - 76017 San Ferdinando di Puglia (BT)

Tel. 0883 621037 - sanferdinandore@libero.it

Copyright © 2024 - Tutti i Diritti Riservati.